Scarpa, 2003

Carol Rama
Fusione in bronzo
11×24×6,5 cm
L'opera Scarpa di Carol Rama, realizzata nel 2003 in bronzo con dimensioni di 11×24×6,5 cm, è stata proposta all'asta nel marzo 2013 con una stima compresa tra €800 e €1.200
L'arte di Carol Rama è una macchina desiderante che non si lascia addomesticare, un atto di resistenza all’uniformità del visibile, un continuo sconfinamento nell’osceno e nel sublime
Carol Rama si muove tra le pieghe di una storia dell’arte che la marginalizza, la esclude, la definisce altro. Fin dal principio, la sua opera si insinua nel corpo del moderno con una potenza scomoda, eccedente, inassimilabile alle narrazioni consolidate. Nasce a Torino nel 1918, in una città che è insieme laboratorio industriale e officina dell’avanguardia, e in questa tensione tra meccanica e pulsione organica si radica il suo linguaggio visivo, spingendo oltre i limiti della figurazione e dell’astrazione.
Negli anni ’30 e ’40, Carol Rama si affaccia al mondo dell’arte con acquerelli e disegni in cui il corpo femminile si fa luogo di liberazione, ma anche di trauma. Sono immagini che esplorano il desiderio e la repressione, il feticcio e la mancanza, tra languore e perversione. La censura segna il suo percorso fin dall’inizio: la sua prima mostra, nel 1945 alla Galleria Faber di Torino, viene chiusa per oscenità. Ma l’artista non si piega a compromessi e continua a sovvertire, decostruire, rielaborare.
La sua traiettoria attraversa e sfida le categorie del contemporaneo: dai primi lavori erotici alle sperimentazioni informali degli anni ’50, quando il dialogo con il Movimento Arte Concreta la spinge verso una dissoluzione della forma, fino agli assemblaggi degli anni ’60 e ’70, dove camere d’aria, dentiere, occhi di vetro e altri materiali eterogenei si fanno materia plastica di un universo carnale e perturbante. La pelle del mondo, per Rama, è sempre un campo di tensione tra attrazione e repulsione.
Se il riconoscimento istituzionale tarda ad arrivare, il suo lavoro continua a esercitare una forza sotterranea, anticipando e influenzando molte delle ricerche artistiche successive. Negli anni ’80 e ’90, il suo linguaggio si riattualizza, tornando a una figurazione che ingloba il passato senza mai chiudersi nella citazione. È il periodo in cui la sua opera viene finalmente riscoperta: nel 2003 riceve il Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia, consacrandola come una delle voci più radicali e necessarie del XX secolo.
Carol Rama è un corpo resistente, un’anomalia che diventa sistema, un’irriducibile antagonista di ogni ortodossia. La sua arte è una macchina desiderante che non si lascia addomesticare, un atto di resistenza all’uniformità del visibile, un continuo sconfinamento nell’osceno e nel sublime. La sua opera, come il suo sguardo, è un’apertura verso un altrove dove il corpo, la memoria e il desiderio si fanno terreno di lotta e di emancipazione.

Scarpa, 2003

Carol Rama
Fusione in bronzo
11×24×6,5 cm
L'opera Scarpa di Carol Rama, realizzata nel 2003 in bronzo con dimensioni di 11×24×6,5 cm, è stata proposta all'asta nel marzo 2013 con una stima compresa tra €800 e €1.200
L'arte di Carol Rama è una macchina desiderante che non si lascia addomesticare, un atto di resistenza all’uniformità del visibile, un continuo sconfinamento nell’osceno e nel sublime
Carol Rama si muove tra le pieghe di una storia dell’arte che la marginalizza, la esclude, la definisce altro. Fin dal principio, la sua opera si insinua nel corpo del moderno con una potenza scomoda, eccedente, inassimilabile alle narrazioni consolidate. Nasce a Torino nel 1918, in una città che è insieme laboratorio industriale e officina dell’avanguardia, e in questa tensione tra meccanica e pulsione organica si radica il suo linguaggio visivo, spingendo oltre i limiti della figurazione e dell’astrazione.
Negli anni ’30 e ’40, Carol Rama si affaccia al mondo dell’arte con acquerelli e disegni in cui il corpo femminile si fa luogo di liberazione, ma anche di trauma. Sono immagini che esplorano il desiderio e la repressione, il feticcio e la mancanza, tra languore e perversione. La censura segna il suo percorso fin dall’inizio: la sua prima mostra, nel 1945 alla Galleria Faber di Torino, viene chiusa per oscenità. Ma l’artista non si piega a compromessi e continua a sovvertire, decostruire, rielaborare.
La sua traiettoria attraversa e sfida le categorie del contemporaneo: dai primi lavori erotici alle sperimentazioni informali degli anni ’50, quando il dialogo con il Movimento Arte Concreta la spinge verso una dissoluzione della forma, fino agli assemblaggi degli anni ’60 e ’70, dove camere d’aria, dentiere, occhi di vetro e altri materiali eterogenei si fanno materia plastica di un universo carnale e perturbante. La pelle del mondo, per Rama, è sempre un campo di tensione tra attrazione e repulsione.
Se il riconoscimento istituzionale tarda ad arrivare, il suo lavoro continua a esercitare una forza sotterranea, anticipando e influenzando molte delle ricerche artistiche successive. Negli anni ’80 e ’90, il suo linguaggio si riattualizza, tornando a una figurazione che ingloba il passato senza mai chiudersi nella citazione. È il periodo in cui la sua opera viene finalmente riscoperta: nel 2003 riceve il Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia, consacrandola come una delle voci più radicali e necessarie del XX secolo.
Carol Rama è un corpo resistente, un’anomalia che diventa sistema, un’irriducibile antagonista di ogni ortodossia. La sua arte è una macchina desiderante che non si lascia addomesticare, un atto di resistenza all’uniformità del visibile, un continuo sconfinamento nell’osceno e nel sublime. La sua opera, come il suo sguardo, è un’apertura verso un altrove dove il corpo, la memoria e il desiderio si fanno terreno di lotta e di emancipazione.