L’utopia della luce e del suono
Piero Fogliati (1930-2016) è stato un visionario della materia immateriale, un artista-scienziato che ha trasformato la luce, il suono e il movimento in strumenti di una poetica utopica, dove la tecnologia si piega all’immaginazione e la percezione si espande oltre i suoi limiti consueti. Le sue opere sono dispositivi di meraviglia, macchine che generano fenomeni impalpabili, architetture di energia che esistono solo nel momento in cui si attivano, evocando città del futuro e sinfonie di pura vibrazione.
Formatosi a Torino, Fogliati assorbe le tensioni dell’arte cinetica e programmata, ma se ne distacca subito per costruire un percorso personale, in cui il rigore scientifico è sempre subordinato a un’idea di magia e stupore. Negli anni ’60 concepisce il progetto visionario della Città Fantastica, una metropoli in cui la luce diventa materia costruttiva, le architetture vibrano come strumenti musicali, e l’aria stessa si trasforma in un medium artistico. Un’utopia che non è mai stata realizzata, ma che ha dato vita a una serie di opere sperimentali capaci di portare frammenti di quella città nel nostro mondo.
Nei suoi lavori, il movimento non è solo meccanico, ma percettivo: il Specchio Clamoroso amplifica il suono e lo trasforma in riflessi, la Pioggia Solida cristallizza le vibrazioni luminose in traiettorie ipnotiche, il Cromocronometroscompone il tempo in colori. Non si tratta di sculture in senso tradizionale, ma di esperienze sensoriali in cui il visibile e l’invisibile si intrecciano, in un dialogo costante tra natura e artificio.
Fogliati è stato un creatore di fenomeni, un artista che ha trasformato la scienza in poesia, dimostrando che l’arte può non solo rappresentare la realtà, ma reinventarla, aprendo varchi verso dimensioni inedite. Il suo lavoro è un inno alla leggerezza e alla potenza dell’immaginazione, un ponte tra il mondo fisico e quello delle possibilità inesplorate.
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