Nunzio non scolpisce, brucia. Non modella, sottrae.
L'opera nasce da un gesto primordiale, quasi rituale, in cui la materia—legno, piombo, gesso—viene violata, segnata, trasformata. È un atto di memoria e annientamento, di costruzione e distruzione simultanee. La fiamma non è solo fuoco, ma linguaggio: incide, annerisce, plasma. Lo spazio non è contenitore ma tensione, vuoto abitato, silenzio che vibra. Nunzio opera nella soglia tra visibile e invisibile, tra presenza e assenza, in un teatro scabro dove l’oggetto non rappresenta, è. Come arte povera insegna, la materia è autonoma, carica di energia, e il gesto dell’artista diventa rivelazione: archeologia del futuro.
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