Senza titolo, 1984

Hermann Nitsch
Acrilico su tela
210×290 cm
Il rito cruento della pittura
Hermann Nitsch (1938-2022) è stato il grande sacerdote dell’azione totale, il regista di un’arte che travalica la pittura per farsi esperienza sacrificale, celebrazione dionisiaca, esplorazione della carne e della materia nel loro significato più primordiale. Fondatore dell’Orgien Mysterien Theater, ha costruito un universo in cui il gesto artistico si confonde con il rito, in cui il sangue e il colore, la musica e il dolore, la vita e la morte si fondono in un unico atto esistenziale.
Formatosi a Vienna, nella temperie postbellica che vide emergere l’Azionismo Viennese come risposta radicale al trauma della storia, Nitsch fa della pittura un campo di battaglia sensoriale, un luogo di collisione tra corpo e tela, tra violenza e creazione. Le sue Schüttbilder (pitture versate), dense di colore lanciato con furia primitiva, sono il residuo visivo di azioni catartiche, il documento di un’arte che non si contempla ma si vive, che non si limita a rappresentare il sacro ma lo attiva, lo rende tangibile attraverso la carne e il sacrificio.
Ma la pittura, in Nitsch, non è mai separata dall’azione. Le tele, impregnate di rosso sanguigno, sono il risultato di processi performativi che attingono alla tragedia greca, alla liturgia cristiana, ai culti arcaici. Gli animali sgozzati, le viscere esposte, i corpi nudi immersi nel colore sono elementi di un teatro rituale che vuole riconnettere l’uomo alle sue radici più profonde, oltre la repressione della società, oltre la morale borghese.
Eppure, al di là della provocazione, il lavoro di Nitsch è un inno alla vita, un’esaltazione del piacere e dell’estasi. La sua pittura è carne viva, una ferita che pulsa sulla tela, un altare cromatico dove il rosso si fa sangue e vino, il bianco sudario e luce, il giallo e il blu echi di una trascendenza possibile. Un’opera totale, in cui l’arte non è mai separata dalla vita, ma diventa il suo culmine, il suo urlo, la sua celebrazione più estrema.

Senza titolo, 1984

Hermann Nitsch
Acrilico su tela
210×290 cm
Il rito cruento della pittura
Hermann Nitsch (1938-2022) è stato il grande sacerdote dell’azione totale, il regista di un’arte che travalica la pittura per farsi esperienza sacrificale, celebrazione dionisiaca, esplorazione della carne e della materia nel loro significato più primordiale. Fondatore dell’Orgien Mysterien Theater, ha costruito un universo in cui il gesto artistico si confonde con il rito, in cui il sangue e il colore, la musica e il dolore, la vita e la morte si fondono in un unico atto esistenziale.
Formatosi a Vienna, nella temperie postbellica che vide emergere l’Azionismo Viennese come risposta radicale al trauma della storia, Nitsch fa della pittura un campo di battaglia sensoriale, un luogo di collisione tra corpo e tela, tra violenza e creazione. Le sue Schüttbilder (pitture versate), dense di colore lanciato con furia primitiva, sono il residuo visivo di azioni catartiche, il documento di un’arte che non si contempla ma si vive, che non si limita a rappresentare il sacro ma lo attiva, lo rende tangibile attraverso la carne e il sacrificio.
Ma la pittura, in Nitsch, non è mai separata dall’azione. Le tele, impregnate di rosso sanguigno, sono il risultato di processi performativi che attingono alla tragedia greca, alla liturgia cristiana, ai culti arcaici. Gli animali sgozzati, le viscere esposte, i corpi nudi immersi nel colore sono elementi di un teatro rituale che vuole riconnettere l’uomo alle sue radici più profonde, oltre la repressione della società, oltre la morale borghese.
Eppure, al di là della provocazione, il lavoro di Nitsch è un inno alla vita, un’esaltazione del piacere e dell’estasi. La sua pittura è carne viva, una ferita che pulsa sulla tela, un altare cromatico dove il rosso si fa sangue e vino, il bianco sudario e luce, il giallo e il blu echi di una trascendenza possibile. Un’opera totale, in cui l’arte non è mai separata dalla vita, ma diventa il suo culmine, il suo urlo, la sua celebrazione più estrema.