Manimanisolenero, 2010

Giuseppe Spagnulo
tecnica mista su carta su bancale con inserto in acciaio
127×78×14 cm
Opera pubblicata all’interno del catalogo: 
Marisa Vescovo, Giuseppe Spagnulo. Il respiro del fuoco, 2000 & NOVECENTO Ed. d’Arte, Reggio Emilia, 2010, pagg. 34|35
La scultura come forza tellurica
Giuseppe Spagnulo (1936-2016) è stato un maestro della scultura intesa come atto primordiale, come confronto diretto con la materia e con la gravità. Forgiatore di ferro e terra, ha costruito un lessico plastico fatto di pesi e tensioni, di equilibri instabili e di energie compresse, riportando la scultura a un livello arcaico, brutale, in cui il gesto è ancora traccia di una lotta tra l’uomo e la materia.
Nato a Grottaglie, terra di antica tradizione ceramica, Spagnulo eredita dal padre l’amore per il fuoco e per la manipolazione della materia. Formatosi tra Faenza e Milano, negli anni ’60 lavora con i grandi della scultura moderna – Lucio Fontana, Arnaldo Pomodoro – ma presto sviluppa una visione autonoma, rifiutando ogni decorazione per spingere la scultura verso una dimensione di scontro fisico con il materiale.
Il ferro, la terracotta, l’acciaio corten diventano i protagonisti di una ricerca che sfida le leggi della stabilità. I suoi lavori sono architetture ferite, blocchi imponenti che sembrano franare su se stessi, elementi verticali che si ergono come menhir industriali, segnati dalla fatica del gesto e dalla violenza del fuoco. Nei suoi lavori degli anni ’70 e ’80, il ferro diventa un corpo vivo, modellato con tagli, saldature, strappi, in un dialogo serrato con la memoria della terra e della civiltà.
Ma Spagnulo non è solo scultore della massa e della materia: la sua opera è anche un racconto di forze in tensione, di spazi negativi che diventano altrettanto protagonisti della composizione. La sua è una scultura che sta sempre tra rovina e costruzione, tra gesto e forma, tra peso e vuoto, come una memoria arcaica che riaffiora in pieno Novecento, restituendo alla scultura il suo valore di gesto originario, essenziale, inesorabile.

Manimanisolenero, 2010

Giuseppe Spagnulo
tecnica mista su carta su bancale con inserto in acciaio
127×78×14 cm
Opera pubblicata all’interno del catalogo: 
Marisa Vescovo, Giuseppe Spagnulo. Il respiro del fuoco, 2000 & NOVECENTO Ed. d’Arte, Reggio Emilia, 2010, pagg. 34|35
La scultura come forza tellurica
Giuseppe Spagnulo (1936-2016) è stato un maestro della scultura intesa come atto primordiale, come confronto diretto con la materia e con la gravità. Forgiatore di ferro e terra, ha costruito un lessico plastico fatto di pesi e tensioni, di equilibri instabili e di energie compresse, riportando la scultura a un livello arcaico, brutale, in cui il gesto è ancora traccia di una lotta tra l’uomo e la materia.
Nato a Grottaglie, terra di antica tradizione ceramica, Spagnulo eredita dal padre l’amore per il fuoco e per la manipolazione della materia. Formatosi tra Faenza e Milano, negli anni ’60 lavora con i grandi della scultura moderna – Lucio Fontana, Arnaldo Pomodoro – ma presto sviluppa una visione autonoma, rifiutando ogni decorazione per spingere la scultura verso una dimensione di scontro fisico con il materiale.
Il ferro, la terracotta, l’acciaio corten diventano i protagonisti di una ricerca che sfida le leggi della stabilità. I suoi lavori sono architetture ferite, blocchi imponenti che sembrano franare su se stessi, elementi verticali che si ergono come menhir industriali, segnati dalla fatica del gesto e dalla violenza del fuoco. Nei suoi lavori degli anni ’70 e ’80, il ferro diventa un corpo vivo, modellato con tagli, saldature, strappi, in un dialogo serrato con la memoria della terra e della civiltà.
Ma Spagnulo non è solo scultore della massa e della materia: la sua opera è anche un racconto di forze in tensione, di spazi negativi che diventano altrettanto protagonisti della composizione. La sua è una scultura che sta sempre tra rovina e costruzione, tra gesto e forma, tra peso e vuoto, come una memoria arcaica che riaffiora in pieno Novecento, restituendo alla scultura il suo valore di gesto originario, essenziale, inesorabile.