Un alchimista della forma
Gilberto Zorio (Andorno Micca, 1944) è un alchimista della forma, uno sperimentatore instancabile che ha fatto dell’energia il fulcro della sua pratica artistica. Fin dagli anni Sessanta, nell’ambito dell’Arte Povera, Zorio ha operato nel dominio della trasformazione, orchestrando tensioni e mutazioni materiali che sfidano l’inerzia della scultura tradizionale.
La sua ricerca si nutre di processi in divenire: l’ossidazione dei metalli, l’evaporazione dei liquidi, la tensione tra forze contrastanti. Elementi archetipici come la stella, il giavellotto e la canoa diventano condensatori di energia, forme cariche di significato e potenzialità dinamica. La materia non è mai statica, ma attraversata da flussi chimici e fisici che la ridefiniscono nello spazio e nel tempo. L’opera si fa campo di forze, una macchina instabile che intercetta il movimento e il cambiamento, esaltando l’attrito tra natura e artificio, tra passato e futuro.
Esponendo nei principali musei internazionali – dal Centre Pompidou di Parigi al MoMA di New York, dallo Stedelijk di Amsterdam alla Biennale di Venezia – Zorio ha costruito un lessico plastico che dissolve ogni confine tra scultura, installazione e performance. Le sue opere sono organismi vivi, sistemi aperti che interagiscono con lo spazio e con lo spettatore, in una continua oscillazione tra equilibrio e precarietà, luce e ombra, esplosione e attesa.
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